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#IlClubDeiBugiardi #SuggerimentiDiCasaLettori



Ripercorrere l'infanzia non è facile, si è portati a dimenticare i buchi neri che, ingigantiti dalla paura, diventano ombre. Mary Karr in “Il club dei bugiardi” edito da e/o si inoltra in una autobiografia leale senza tralasciare dettagli certamente dolorosi.
"Quando la verità si fa insopportabile spesso la mente si limita a dare un bel colpo di spugna. Ma in testa può comunque restare l'ombra di quel che è accaduto". Per restituire luce al passato la scrittrice non esita a farsi voce narrante.




Nel fluire della narrazione si avverte un vuoto affettivo ed emotivo, lo smarrimento di chi si offre come vittima sacrificale della verità, quella scomoda, cupa  ma necessaria.
In questa verifica del proprio se la scrittrice dissacra con ironia il mito della famiglia americana perfetta, è lucida osservatrice di un sud provinciale e poco avvezzo alla bellezza.
Il romanzo fluisce tra avventure, viaggi, crisi e separazioni in un divenire incessante di materia che si plasma su pezzi di storie, su frammenti di foto.
La madre, divorata da un passato misterioso, nasconde la propria fragilità tra alcolici e strampalate storie d'amore, mentre il padre, uomo semplice, non riesce a reggere la responsabilità di una anormalità incomprensibile. In questo contesto traballante la giovane protagonista e la sorella Lecia  riescono a costruirsi una personalità forte. Entrambe sanno che “la sofferenza, quella vera, ha una faccia e un odore”. Sanno riconoscerla, metabolizzarla e grazie a questa consapevolezza imparano a crescere. Tra urla, insulti, partenze verso luoghi improponibili la storia procede senza soste ideative, passa da diario minuzioso a ricerca  introspettiva che va a insinuarsi nella mente di ogni personaggio. La scrittura diventa fuoco divoratore pronto a distruggere le sterpaglie delle mezze verità. Nelle ultime pagine la rivelazione finale destruttura la trama e mostra che felicità e infelicità fanno parte della vita. Accettarne il senso significa accettare di vivere a testa alta da vincenti. Un libro che dimostra quanto la parola scritta sia catarsi liberatoria.




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