Le interviste di @CasaLettori
Alessandra Sarchi con “La notte ha la mia voce” edito dalla Collana Stile Libero (Einaudi) è tra i vincitori del 46° Premio Internazionale Mondello 2017. La finale avrà luogo a Palermo il 24 novembre.
Cosa la lega alla nostra isola?
Amo molto la Sicilia e confesso che la prima volta che atterrai a Punta Raisi, vedendo Palermo dall’alto e dal golfo, pensai che Goethe avesse avuto ragione nel collocare qui quell’origine della diversificazione delle piante che stava studiando. È una terra che materialmente e simbolicamente ospita tratti molto diversi e potenziali.
Tra le scrittrici siciliane chi sente più vicina alla sua scrittura?
Ho letto con grande passione Goliarda Sapienza e ammiro le sue narrazioni picaresche, ma non credo che la mia scrittura possa assomigliarle. Tra le mie coetanee ammiro la precisione stilistica e la tensione etica dei romanzi di Evelina Santangelo.
Il romanzo non è solo un viaggio introspettivo, è un inno alla voglia di vivere. Il suo messaggio ai lettori?
La notte ha la mia voce è un invito a rivelare di sé le parti più fragili e caduche, nel corpo e nello spirito. Due donne lo fanno, nell’ora più intima e segreta raccontandosi a vicenda la loro vita, i loro traumi. Dal racconto di sé, emerge la possibilità di pensare a sé in maniera diversa e nuova.
Essere corpo e anima, fragilità e coraggio, quanto la letteratura intride la sua narrazione?
La letteratura è sempre una presa di distanza dalla vita che però consente di metterla a fuoco meglio, di darle un senso. A volte sulla pagina si elaborano pensieri e sentimenti che nel vissuto rimangono a brandelli, mentre nel racconto si fanno struttura, corpo. Scrivere di un trauma è anche un modo per renderlo più accessibile a sé e agli altri.
Nel libro ha sviluppato due spazi narrativi. Come è riuscita ad abitare il prima e il dopo?
Nella vita di ciascuno di noi c’è un prima e un dopo, rispetto a un amore, a un successo o insuccesso professionale, a una perdita o una malattia. Sono pietre miliari rispetto alle quali idealmente marchiamo dei cambiamenti. In verità, il prima e il dopo ci abitano di continuo: ogni giorno siamo una persona diversa da quella del giorno prima. Il nostro corpo cambia e la mente pure.
Quanto l'amicizia cambia la vita della protagonista ?
L’amicizia è determinante nel mio romanzo. È solo nello spazio di un incontro autentico che è possibile per la protagonista vedere se stessa e mettersi in prospettiva. L’amicizia è una forma di amore altissima, ce ne dimentichiamo troppo spesso.
Aria, terra, acqua rappresentano le tre simbologie che accompagnano la struttura del romanzo, e il fuoco?
Il romanzo ha come fulcro il corpo e le sue trasformazioni, la sua deperibilità, il suo essere riconducibili agli elementi di cui composto. Il fuoco, come ha detto Caterina Bonvicini nella sua recensione al romanzo, è la scrittura che trasfigura tutto e permette una metamorfosi.
Rispetto a “Violazione” cosa è cambiato dal punto di vista stilistico?
Violazione era un romanzo tutto in terza persona, dove tanti personaggi occupavano la scena con le loro azioni. Era tutto ripreso da fuori. Ne La notte ha la mia voce, ci sono due voci narranti che dicono ‘io’ alternatamente, esprimendo la propria soggettività. Un’intimità che è quella del dialogo fra di loro, ma è anche quella di chi racconta un’esperienza dal proprio interno.
La notte può essere metafora dell'universo onirico?
Certamente lo è. Nel sogno e nel dormiveglia notturno le parti più segrete di noi, paure e desideri più veri, emergono e reclamano lo spazio negato durante il giorno. C’è una connessione stretta fra sogno e immaginazione, non sono banalmente evasioni dalla vita reale, ma rielaborazioni profonde e possibili del nostro vissuto. Poter dare voce alla propria notte interiore è ciò verso cui tende il mio romanzo.
Progetti futuri?
Ho un romanzo in testa che richiederà una lunga elaborazione e più a breve sto lavorando per una raccolta di saggi sul rapporto di alcuni scrittori italiani , come Moravia, Volponi, Lalla Romano, del dopoguerra e le arti visive.
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