"Lo scopo dei fiumi è di sfociare nel mare. Niente cambia. Eppure tutto ciò che è, potrà mai essere ciò che è stato".
Difficile accettare che il tempo sappia sgretolare ricordi, occasioni, vibrazioni del cuore.
Gore Vidal in "La statua di sale", edito da Fazi, affronta con disinvoltura il tema spigoloso della fragilità della memoria. Crea un piano narrativo che sviscera l'aspettativa.
Il suo personaggio, il giovane Jim, è incatenato dalla morsa di un sentimento che lo seguirà nelle tante avventure. Trasforma la sperimentazione del desiderio in ricerca di una propria sessualità. Si interroga cercando i perchè di un suo sentire l'attrazione.
Si entra in un gorgo di eventi che dilatano l'attesa, la rendono sopportabile.
Non ci sono cedimenti lessicali, parole che nascondono la verità. L'omosessualità viene narrata senza falsi pudori e l'America diventa metafora di un bisogno profondo. Accettarsi ed accettare la libertà di essere.
Il mare che attrae e delude, la città con la sua duplice faccia, le feste come farse di un presente ambiguo, la costante arsura di esperienze e le figure che ruotano come ombre dilagando con irruenza: si compone un quadro scomposto, criptico, passionale.
La guerra resta ai margini come un fantasma privo di identità e la scelta non è casuale. Il romanzo deve tenere lontana la realtà, deve nutrirsi di fantasticherie.
Il testo si legge voracemente rapiti da una malinconia che filtra come una brezza lieve.
Le scene finali svelano con una scrittura tagliente che "l'amore è sempre una cosa tragica". Spietato e bellissimo, violento e tenero, un viaggio fra le burrasche dell'anima, attuale in un tempo in cui si ha timore a concedere se stessi.
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