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Marie, Diane, Olivia, Mariel: intorno a queste figure ruota "Colpisci il tuo cuore", edito da Voland. Due sentimenti percorrono la trama come maldestri responsabili degli eventi. Invidia e gelosia sono gli estremi di una altalena emozionale che travolge i personaggi, li trasforma in vittime. Amélie Nothomb non cerca colpevoli, prova a comprendere. 
La scrittura è meno tagliente del suo solito, addolcita da un parafrasare che può risultare infantile. Ma dietro questa patina si nasconde il pregio del romanzo. Riuscire a prendere le distanze per analizzare con sguardo imparziale i rapporti madre figlia. Trapela la solitudine profonda di chi non è amata, mascherata da parole furtive, disperse nel testo. 

"Erano dieci anni che non vedeva sua madre. Non ne aveva avuto nè il desiderio nè il tempo"




Il lettore è spaesato, cerca di riordinare i sentimenti dei personaggi ma si perde in un labirinto di echi lontani, di mani e braccia incapaci di gestualità. Ed ecco arriva un nuovo tema a creare altri ragionamenti, altri percorsi mentali. La scrittrice mostra lo spudorato mondo accademico, lo fa con quella grinta che conosciamo e apprezziamo. Uno sfondo o semplicemente il teatro di una borghesia affannata a specchiarsi in se stessa. Narcisi privi di anima o caricature di una perdita di certezze? 
Dalla lettura non si esce indenni, le ferite che Amèlie ha saputo mimetizzare emergono e galleggiano in superficie, rimbombano e pongono interrogativi. Non è in gioco solo la maternità, ma la relazione, lo spazio che si concede all'altro. 




Mentre sfilano gli uomini come ridicoli e opachi manichini, la conclusione è degna di una Maestra della narrativa. Una scena che forse redime, forse consola, non importa. Quel che conta è esserci stati, ancora un volta protagonisti. Ed questa la rivelazione, ognuno può tracciare confini protettivi ma l'indifferenza che causa dolore, la difficoltà ad essere accettati continua a riguardarci. Dovremo solo misurarci e saper accogliere chi, incontrato per caso o entrato nella nostra vita come una folgore, ci chiede aiuto. 

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