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Scrivendo di "La bellezza rubata", edito da Einaudi, ho il timore di deturpare la meraviglia del testo, che nel lessico esplora tutte le possibili variazioni della purezza. Sia con la trama che con la ricerca storica Laurie Lico Albanese compie un'impresa titanica e il risultato è sorprendente. Riesce a far rivivere lo splendore della Vienna di fine 800, ma il suo obiettivo è quello di riportare alla luce la memoria non solo dei fasti ma anche del fermento culturale, osteggiato perché innovativo. Due donne, Adele e Maria, zia e nipote,  due epoche si passano il testimone capitolo dopo capitolo. Ad alleggerire l'atmosfera vissuta in Austria durante la violenza nazista, c'è l'arte, che è ricerca di "cose che siano in contraddizione ma in qualche modo in armonia". Con la scrittrice visitiamo l'atelier di Klimt, lo osserviamo mentre studia e realizza bozzetti. Percepiamo il fascino di un uomo che creò una frattura tra il prima e il dopo. Con emozione assistiamo all'inaugurazione della Galleria della Secessione, ci confondiamo tra gli sfavillii delle pareti bianche mentre i rossi e i blu "galleggiano tra scuri vortici di lava e corpi nudi". Siamo avvolti dal desiderio che travolge il pittore e la bella Adele. Non è il piacere fisico, è la comunione di anime che nell'amplesso scruta gli angoli ignoti della mente. Danza di Eros e Thanatos, follia che sfida le regole. Seduzione, bramosia dell'altro, necessità di comporre significati nuovi che cambieranno le sorti dell'umanità. Un viaggio artistico che invita ad approfondire e a cercare e osservare con occhi nuovi tele amate mentre la voce delle tante Giuditte chiede di "imparare qualsiasi cosa, diventare qualsiasi cosa".




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