Può la letteratura deformare il reale trasformandolo in finzione? Può giocare con i ricordi e riuscire a metterli in discussione? Può scindere corpo e mente creando una scrittura che, spazzando ogni certezza, diventa circolo ininterrotto di metafore?
Basta leggere "Glossa" pubblicato da "La Nuova Frontiera" per avere la certezza che esiste una narrazione libera da ogni vincolo strategico.
È l'intrecciarsi degli eventi, lo scontrarsi dei protagonisti, la concatenazione di fonemi a costruire una trama immaginifica.
Juan Josè Saer ci fa provare il brivido di essere attori grazie ad un testo che è scarno di punteggiatura ma ricco di una creatività folgorante.
Due personaggi: Leto e il Matematico, apparentemente distanti caratterialmente in una mattina foriera di presagi "avanzano nel tempo, come se ogni passo li portasse in direzioni opposte".
Ma siamo certi che "tempo e spazio non siano inseparabili?"
Due anime che per l'alchimia di una scrittura magmatica, surreale "formano un getto denso che sgorga placido dalla fontana dell'accadere".
Abituati alla narrativa latino americana restiamo sorpresi dall'autore, capace di fare un balzo avanti entrando nella dimensione non solo fantastica ma filosofica.
Percepiamo "l'errore irrimediabile del Tutto", Il valore della propria Ombra, la vertigine di un'equazione matematica, la capacità di distinguere "l'autentico" dalla sua copia.
Un romanzo da leggere e rileggere con il piacere di non porsi il problema di cosa ci aspetta " nella direzione in cui si corre, se un riparo o un precipizio".
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