"Io sono l'osservtore, il punto fermo, colui che guarda".
"Come diremo agli angeli" edito da Einaudi è la poesia della vita, quella che non si svela, timorosa di scontrarsi con l'indifferenza di chi ha perso il gusto di interrogarsi.
È un flusso di riflessioni, storie, paesaggi interiori che emozionano per la semplicità del messaggio.
Voce narrante è un doganiere, un uomo qualunque, capace di restituirci quella purezza e genuinità che si è dispersa tra i rivoli di una passività sonnolenta.
In coloro che gli passano accanto cerca il non detto, il risvolto segreto, la vera essenza.
Franco Stelzer procede su diversi piani compositivi senza mai perdere di vista la materia della narrazione. Ha la capacità di immaginare da pochi dettagli i possibili desideri, rimpianti, cedimenti delle esistenze che descrive. Va oltre cercando le ragioni profonde di chi si è arenato, visita le spiagge dell'abbandono, scava trincee di resistenza, inventa sogni.
L'ipotetico dialogo con gli angeli è la rivendicazione della "densità dei rifiuti, delle materie di scarto, delle cose umili".
Le parole si incistano nel cuore del lettore, permettendogli di scorgere negli altri "la piccola dose di bellezza". Lirico, appassionato, in un crescente pathos il testo graffia e risana, concede la benevolenza di uno sguardo sincero.
La ricerca dell'essenza dell'altro diventa strumento di conoscenza del se e in questo silenzioso, vulnerabile scambio si compone l'appartenenza alla comunità.
Un libro che sa far vivere la vertigine di riscoprire l'ombra che ci appartiene accettando "i cascami di un mondo spezzato".
Lo scrittore sa trasformare il disordine interiore in un nuovo ordine fatto da regole non scritte, dove ognuno ha la libertà di volare alto, di comporre la sua preghiera laica e di imparare a camminare accettando di essere "corpo in cerca di conforto".
Commenti
Posta un commento