"È possibile parlare della narrativa come autentica o falsa?"
Chi ama la compostezza narrativa di Marilynne Robinson troverà in "Quando ero piccola leggevo libri" pubblicato da minimumfax, tradotto da Eva Kampmann, la stessa leggerezza ideativa, lo stesso minimalismo linguistico. Una raccolta di saggi preziosa che permette di riflettere sulla relazione tra scrittura e vita reale.
"Il linguaggio della vita pubblica ha perso in generosità.".
La scrittrice non si ferma ad una analisi superficiale sulle cause di un impoverimento intellettuale e sociale ma cerca le radici profonde di una trasformazione così radicale. Si interroga sul senso della "Democrazia", sulla mancanza di quel "grande spirito supremo" pensato da Whitman.
L'analisi sullo stato di salute dell'America si può rileggere partendo dell'Occidente e certamente dall'Italia.
L'attualità del testo comunica la necessità di non dare per scontata "la paura generalizzata" che può portare a schiacciare le libertà civili.
L'idea che la parola non solo crea l'universo ma costruisce la comunità, se ne fa interprete liberatorio, viene sviluppata creando un filo diretto con la religiosità.
Si rischia di azzerare quei "sentimenti nobili" come la melanconia, il rimpianto, la solitudine nel timore di mostrare inadeguatezza e rischiando di perdere l'umanità.
Una visione finalmente aperta al confronto che può scatenare un nuovo modo di immaginare e nella partecipazione emotiva della scrittrice cogliamo l'urgenza di riportare l'intellettuale ad essere voce autorevole nel panorama politico e sociale.
Splendide le pagine sul valore della lettura, capace di spalancare i confini dell'ineffabile.
Un testo che può farci da guida, darci quella spinta indispensabile per ripensare al nostro ruolo non solo nella società ma anche nel Cosmo, ritornando a pensare all'Anima come "autocoscienza" intransigente.
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