Rivivere la giovinezza in compagnia di Elif Batuman non è solo un'esperienza esilarante. Leggendo "L'idiota", pubblicato da Einaudi, si approda nel territorio delle domande, quelle che non sempre trovano risposta, che continuano ad affollare le nostre menti anche da adulti.
La scrittrice riesce a farci intravedere soluzioni, piccole luci che illuminano insoluti problemi esistenziali.
Ci accompagna nel viaggio non solo metaforico nel paese delle Parole la diciottenne Selin.
Fin dalle prime righe ci incanta. È spontanea, sprovveduta, curiosa ma anche molto spaventata.
"Nessuno ti diceva cosa dovevi fare" mentre le novità sono tante. L'università, i colleghi, la complessità dei corsi da seguire, "il bisogno di essere anticonvenzionale" ed una curiosità che conosciamo bene. "Cosa significano veramente i libri"? Quando riusciamo a cogliere il legame tra la letteratura e la nostra esperienza personale?
Quando nell'identificazione con un personaggio o un autore acquisiamo la capacità di reinventarci?
È evidente l'empatia con Brodskij: "Chi meglio del poeta sa che non è la lingua il suo strumento ma egli stesso strumento della lingua"?. (Da una sua intervista).
Non è forse questo il senso delle email che la giovane Selin scambia con Ivan?
Qui entra in gioco il tema della comunicazione mediata sempre più frequentemente da uno schermo.
La scrittrice nel dialogo epistolare è maestra di linguistica, di matematica e arte.
Una prova letteraria che si sa confrontare con il sentimento dell'amore e dell'amicizia.
Inventa uno schema narrativo basato su tessere da ricomporre, nel dialogo gioca la carta vincente della creatività ideativa.
È vero, "fingere di essere ancora innocenti non funziona".
Capire che non sempre c'è qualcosa da capire è un vero sollievo.
Complimenti, Elif
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