Dalla scrittura di Alejandro Zambra ci si aspetta di tutto. Chi ha letto "I miei documenti" sa che lo scrittore cileno sa imbastire trame fantasiose, a volte impenetrabili.
Il segreto sta nell'affidarsi completamente, dimenticare la realtà e seguire i suoi saltelli intellettuali e visionari.
Dire che "Storie di alberi e bonsai", pubblicato da Sellerio, è diviso in due racconti è assolutamente riduttivo. In entrambe le narrazioni si concentrano infiniti mondi virtuali che possono incontrarsi o seguire strade distanti e irraggiungibili.
Unica cifra comune è la libertà ideativa, la necessità di non programmare un finale. Tutto è affidato al caso, alle variabili del destino.
"Forse da sempre non ha fatto altro che seguire delle immagini" riflette Juliàn, uno dei personaggi chiave.
Ed è questo uno degli obiettivi del libro, impedirci di essere tormentati dalla noia, prospettando non un Altrove ma tante possibili vie di fuga.
Se una donna scompare non è indispensabile sapere i retroscena, basta lasciare aperta una porta. Sarà il lettore a scegliere quali meandri spaziali visitare. Certamente il ruolo del narratore nell'architettura del testo è fondamentale, è un accompagnatore colto, appassionato di classici che vengono citati solo per creare una doppia lettura. Il libro nei libri o dei libri, tecnica non facile da seguire ma riuscitissima.
"Sarebbe meglio affrontare di petto, se non la vita, che è una cosa troppo grande, la fragile impalcatura del presente." Quel presente dove l'amore è un fuggevole respiro, "un luogo di transito", dove niente è come appare.
Solo specchi che ci rimandano ombre sognate, forse desiderate e il bonsai, simbolo del nostro bisogno di curare, custodire, proteggere la fantasia.
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