"Sono vuoto.
Distorto.
Fuori fuoco.
Fuori campo."
Daniel e la sua voglia di capire regole di una società prevaricatrice. Unica certezza è il nucleo familiare, triangolo dove insieme a padre e sorella si cerca nell'isolamento quella pace negata da una assenza e da segreti che pian piano vengono alla luce.
Fiona Mozley in "Elmet", edito da Fazi, esordisce con una prova narrativa che ha una struttura a spirale. Alla base il presente che appare incerto, abitato da figure losche e all'apice un viaggio di ricerca.
Due schemi che si congiungono grazie ad una scrittura molto descrittiva. Pennellate di colore vivacizzano un paesaggio che nella sua oscurità delimita evidenti metafore. È l'uomo nell'atavico scontro con la Natura, è il sangue di morti inattese, il rumore della tempesta che si espande come macchia, peccato originale, perdita dell'innocenza.
"Ho trascorso tutta la vita a interpretare la parte di qualcun altro. A mettere in scena una serie di fantasie adottando personalità che avevo inventato io". Una voce fuori campo costruisce una seconda trama, quella del travestimento, dell'infingimento o forse del teatro dell'assurdo.
Pur collocando il romanzo in un luogo fisico delimitato la scrittrice evoca una scenografia medioevale, ricca di pregevoli assonanze con elfi e maghi, sortilegi e miti.
Una sorta di racconto che attinge alle favole pur mantenendo una struttura realista e attuale. Dallo sfruttamento dei padroni alla violenza sulle donne è un rincorrersi di eventi concatenati tra loro.
Nel finale uno spiraglio e l'attesa, la consolante speranza che ai bivi bisogna scegliere.
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