"Era quello che desiderava da anni, cambiare posto, o corpo, o mondo, cambiare qualunque cosa si potesse cambiare."
Leggere "kentuki", pubblicato da Edizioni Sur, significa entrare nell'intimità dei personaggi.
Ascoltarne e condividerne i dubbi, le paure, il senso di spaesamento.
Percepire anche i silenzi, quelli carichi di significati.
La creatività di Samanta Schweblin scuote le fondamenta della narrativa contemporanea. Si libera da ogni riferimento letterario, ridefinisce i confini del fantastico, offre una visione nuova dello straniamento.
Animaletti di peluche con rotelle per muoversi e una webcam montata dentro gli occhi diventano oggetti del desiderio.
Ogni personaggio crea una sua interazione ma soprattutto cerca risposte.
La scrittrice entra nella psiche di tutti noi con delicatezza. Coglie i nostri limiti, racconta l'ambivalenza tra il desiderio del nuovo e il terrore di dover attraversare l'ignoto.
"Tornò a posarlo sul pavimento e lo guardò. Anche il kentuki la guardò".
In quello sguardo si colma la solitudine di Alina, si stabilisce un contatto, una esplosione di riflessioni.
È come se si svelasse il lato oscuro, la condensazione di gorghi inesplorati.
Enzo, Emilia, Marvin, Grigor: personalità differenti, universi spazio temporali inconciliabili, diventano soggetto e oggetto di una rivoluzione interiore.
La scrittrice ci invita a riflettere sulla inadeguatezza, sul bisogno di osservare e di essere osservati.
Si chiede e ci chiede cosa succede nell'inconscio quando accade l'imprevedibile.
La compattezza della trama, la capacità di alternare e mescolare più storie, la dolcezza e la pietas nello scavare in profondità fanno del libro un prezioso compagno.
Leggetelo e, credetemi, qualcosa succederà. Vi troverete diversi e certamente più pronti a sciogliere i nodi di una esistenza senza perchè.
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