Eroine che nella quotidianità hanno resistito alla barbarie del nazismo.
Donne che hanno difeso la famiglia dalla fame, dato rifugio agli sfollati, soffocato la paura dei bombardamenti.
Marinella Savino, finalista al Premio Calvino 2018, al suo esordio narrativo ci consegna la Storia, quella che conta perché voce di un popolo che ha subito la prepotenza di un regime.
La protagonista di "La sartoria di via Chiatamone", pubblicato da Nutrimenti, ha tanto da insegnarci. La saggezza di chi inventa stratagemmi per non farsi piegare, madre e moglie, timoniera in un mare in tempesta.
"Carolina Esposito. Donna libera e lei, con la sua testa, fu libera per tutta la vita" anche se "visse in un'età in cui la libertà, per una femmina, aveva poco senso."
Creativa, capace di trasformare anche "le pezze" in abiti di sartoria, mostra l'altro lato di quel femminile avvilito nel ruolo di donna di casa.
"Non dava mai a vedere niente di quello che le passava per il cuore o nelle vicinanze", agiva con lucidità, senza esitazioni.
Sullo sfondo una Napoli in bianco e nero, sventrata dalle bombe, affamata, povera vittima di un conflitto che non comprende.
Strade, vicoli, odori e il suono di un dialetto armonioso arricchiscono il romanzo, lo vestono di memoria.
Le tessere annonarie, i rifugi antiaerei, i richiami alle armi: tessere sparse di un vissuto collettivo.
"Senza un programma prestabilito, quasi senza armi" la città reagì prima dell'arrivo degli Alleati.
Pagine intense, commoventi, dove ogni fonema è un invito a non dimenticare.
Mentre mi vengono in mente le mie nonne, entrambe coraggiose combattenti, sorrido e penso che la scrittrice ha saputo far rivivere quella resistenza femminile che forse dovremo riprendere a praticare.
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