Gilda Policastro incontra @CasaLettori
Perchè leggere Cella @MarsilioEditori?
Cella è un romanzo scritto in prima persona, ma non è una storia autobiografica: può essere letto da chi si sente imprigionato in una qualche condizione di disagio, che dipenda o meno dalla volontà e che sia più o meno condizionata dalle necessità.
Lo ha detto meglio di me Milo De Angelis, poeta che insegna in carcere e ai cui versi nel libro mi riferisco spesso: la “cella” è un luogo d’emergenza, come la scrittura.
Cella è un libro scritto in forma di monologo, somiglia a un delirio ma contiene elementi di estrema lucidità. La protagonista è una donna semicolta che prova a interpretare la realtà con i codici dei “professori”, nel tentativo di comprendere la propria marginalità e sottomissione, se non di affrancarsene e “liberarsi”.
Cella è un libro scritto per rappresentare una situazione di reclusione che è al tempo stesso un’occasione di cura di sé. Nella considerazione esclusiva del proprio dolore, la protagonista può trovare un orientamento alla propria vita e concentrarsi sulle forme del proprio desiderio. Come in Dante, dove per le anime “incarcerate” il “dolore” è al tempo stesso una “finestra”, la cella è lo sguardo sul mondo da una prospettiva ristretta.
Cella è un romanzo in cui ogni parola, ogni sintagma, ogni frase è stata concepita come un mattone a edificare una costruzione che ha senso nella sua interezza. Isolare alcune pagine si può, ma Cella, come ha detto lo scrittore Alessandro Bertante, è un lunghissimo, ininterrotto pomeriggio o, aggiungo, uno spazio di blanda ma inesorabile costrizione, da cui sta al lettore provare a uscire, sempre che ne abbia l’intenzione.
Cella ha un rovesciamento finale importante, ma non risolutivo. È la sorpresa che può alterare la prospettiva e però anche lasciare la scena immutata: come nella vita, dove di fronte agli accadimenti più disastrosi resta in piedi l’edificio-corpo che noi siamo, con la nostra capacità di resistenza.
"Avevo i miei riti, le fantasie, sogni, fantasmi"
Gilda Policastro non ha paura di confrontarsi con il dolore, lo tocca fino a bruciarsene, lo trasforma in parola restituendo al lettore incastri di visioni, frammenti di cadute e redenzioni.
Con una scrittura senza cedimenti Cella è materia che si fa vita, corpo che si fa canto, desiderio che si purifica.
Un libro come compagno per camminare verso se stessi.
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