"Da anni ho la predilezione per le storie che raccontano la fine degli amori".
Fin dalle prime pagine "Cosa faremo di questo amore", edito da Einaudi, stuzzica la nostra curiosità. Ci aggiriamo tra "le scatole nere degli amori precipitati" e ci troviamo a passeggiare con i personaggi della letteratura internazionale. Un giardino delle meraviglie, ogni viale invita ad una sosta ed ecco apparire "L'eterno marito" di Dostoevskij, Madame Bovary, la signorina Cuorinfranti. I personaggi si animano, regalano citazioni come piccole scie luminose.
Seguiamo Gabriele Di Fronzo nei suoi virtuosismi culturali, ci divertiamo nel far emergere ricordi di libri letti, ci incuriosiamo per le storie che non conosciamo.
A marcare i capitoli brevi non mancano i riferimenti a François Truffaut. Una frase tratta da "Tirate sul pianista" trasforma l'abbandono in scelta: "mi resta una sola cosa da fare, una sola: dirti addio e lasciarti."
È come se lo scrittore volesse penetrare all'interno delle crepe di una relazione morente, carpirne le motivazioni, anticiparne il finale.
Entra nella narrazione come attore e nell'evocare Rebecca, la donna che lo ha abbandonato, trasforma il testo in un diario intimo.
Si concede il lusso di invertire la rotta della navigazione. Sulla nave abitata da amanti rifiutati a scegliere il tratto di mare in tempesta da percorre è la parola scritta, da sempre ideale rifugio, forza motrice del percorso di maturazione dell'uomo.
Come curare le storie d'amore finite male? Non esistono strategie, testi divulgativi, compagni di viaggio. Quel fardello di dolore va vissuto fino in fondo e le illusioni di un possibile ritorno si cristallizzano in fondo al cuore. Sono residui di infelicità, vezzose orme di un' altra temporalità.
Una "Terapia letteraria per cuori infranti", come recita il sottotitolo? Molto di pìù: certamente un medicamento efficace per imparare a dire addio.
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