"Sentire adesso ciò che potevo provare allora non è più possibile."
Tornare agli anni 60, rivedersi universitaria, trasformare "L'evento" in una rivisitazione dolorosa e necessaria.
Annie Ernaux nella testimonianza pubblicata da "L'Orma", rileggendo il diario e l'agenda della sua giovinezza, prova a liberarsi dal senso di colpa.
La sua esperienza è quella di una catena invisibile di donne, costrette a ricorrere all'aborto clandestino.
Una decisione che non potrà mai essere scelta libera, che non potrà essere cancellata.
Resta come una ferita del cuore e della carne.
La scrittura può aiutare a far scivolare via il senso di sconfitta, la vergogna, l'amarezza?
Le pagine sono intrise di dolore e sebbene la scrittrice cerchi di essere distante la colata di lacrime arriva fino a noi.
I gesti della mammana, gli sguardi gelidi del medico, l'indifferenza del compagno sono lame taglienti.
"Mi guardo le gambe nei collant neri allungate al sole, appartengono a un'altra donna".
Uno spaesamento necessario per prendere le distanze da quel se che non si può accettare.
Mentre la "Passione secondo Giovanni" di Bach riempie il vuoto, la sofferenza si celebra come una espiazione collettiva.
"Per anni, la notte tra il 20 e il 21 gennaio è stato un anniversario".
Accettare la violenza di una negazione, farsi ventre vuoto, ascoltare le folate di paura, avere il coraggio di raccontare.
"E forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura".
Un libro che va letto con rispetto, imparando a comprendere anche il non detto.
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