"Rileggendo i miei diari, mi appare evidente che non si cambia. Quello che ero a dodici anni, lo sono ancora oggi"
L'introduzione di Jane Birkin a "Munkey Diaries", pubblicato da "Edizioni Clichy", incuriosisce e disorienta.
Spiazza la sincerità che non cela stati d'animo e paure.
La curiosità e l'accelerazione, le tappe bruciate senza lasciarsi dietro rimpianti.
Il matrimonio a diciotto anni con il compositore John Barry e la infinita solitudine.
"Quello che mi fa più male è non essere capace di parlarti. A volte mi sembra di soffocare. Non posso dirti fino a che punto ti voglio, ti amo, ho bisogno di te."
Un flusso ininterrotto di pensieri dove emerge la rabbia e il senso di inadeguatezza.
L'incontro con Michelangelo Antonioni, la nascita della prima figlia, la delusione di moglie poco amata. Non ci sono pause tra un evento e l'altro.
La pellicola scorre veloce, i colori sono accecanti, le immagini nitide.
I viaggi e il nuovo amore, i provini, il cinema e i suoi retroscena, le trasmissioni televisive, gli incontri e le risate, le danze e quella spregiudicata voglia di non perdere un attimo.
"Ho scoperto una parte di me che io non sapevo esistesse, la parte dell'amante che mi ha sempre fatto paura."
In alcune pagine si assiste ad uno sdoppiamento di personalità, due figure che si accavallano, si perdono, si ritrovano.
Il dovere e il piacere, il bisogno di libertà e le catene affettive, i sogni e la realtà.
Un viaggio insolito dove le luci del successo sono fioche, non rischiarano l'insofferenza e il disagio.
Sulla scena solo una donna senza ornamenti e premi, la testimone di un vissuto intenso, di ore e giorni spesi cercando quell'identità che nessuno potrà cancellare.
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