L'arte come affrancamento di genere: Martina Corgnati, direttrice della Scuola di Beni Culturali di Brera, con "Impressioniste", colma "un vuoto bibliografico" e attraverso una ricerca appassionata restituisce visibilità e voce a quattro artiste che hanno "raccontato le irripetibili combinazioni di luce e forme, di colori e di segni".
Apprezziamo "il linguaggio pittorico soffice e disarticolato" di Berthe Morisot, la immaginiamo emozionata mentre espone alla prima mostra degli Impressionisti, delusa per le pesanti critiche.
"Cosa se ne fa uno delle regole? Niente che valga la pena." In queste parole si concentra il pensiero e la determinazione di una grande artista.
Eva Gonzalés, fiera, ambiziosa, allieva di Chaplin e di Manet, riesce ad acquisire timbri cromatici personali.
In "Il sonno" la fluidità delle pennellate restuisce sacralità all'universo onirico.
Di Marie Bracquemond conosciamo le difficoltà quotidiane che non le impedirono di rinunciare alla sua passione. Docile ma al contempo decisa ad esprimere le sue convinzioni estetiche.
Il rapporto tra forma e colore, la capacità di cogliere la vita a distanza ravvicinata, la trasparenza del diafano nel ritratto aprono una finestra di luce.
Amante del teatro Mary Cassatt seppe interpretare le coordinate spaziali con tanta originalità.
Il sorriso in "Il té alle cinque" è invito a cogliere il cambiamento di un femminile che non si piega a pose artefatte.
Il libro, pubblicato da Nomos, è arricchito dalle opere più significative, dalla ricostruzione del linguaggio espressivo, dai singoli vissuti. Finalmente si celebra il talento di donne coraggiose, dimenticate "dai percorsi comunicativi", ancora capaci di ricordarci che bisogna ripartire dalla valorizzazione di una "Cultura Universale".
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