Mentre la ragnatela della dimenticanza tesse una trappola impalpabile, lasciando un esanime corpo vuoto di ricordi, Naranča Peović, voce narrante di "Il cantante nella notte", edito da "L'asino d'oro", ha bisogno di evocare il passato.
Il suo viaggio attraverso la Dalmazia è l' accorato urlo di chi sta per precipare nel gelo di un presente senza colori. La sua è ricerca di un amore, furioso, sensuale, liberatorio vincolo impregnato di giovinezza. Cerca le tracce di Slavuj, uomo che ha saputo cantare con lei la libertà, quella libertà intravista e mai raggiunta in un paese eternamente in guerra. I Balcani diventano metafora dell'odio e del conflitto, mentre le case scrostate sono simbolo della sconfitta dell'umanità.
Olja Savičević torna al tema dello spaesamento già accennato in "Addio, cowboy", lo fa con una consapevolezza nuova. Per lei la scrittura è esercizio di stile, interazione di prosa e poesia, cammino di sperimentazione.
I suoi personaggi hanno quella creatività innocente che li rende impermeabili all'oblio. La sua terra è lastricata di sangue e nel contempo è luce dell'alba che imprigiona sogni notturni. E quei sogni diventano narrazioni, storie, visioni surreali.
Intorno al mare nero di indifferenza c'è una nuova occasione di rinascita. È "la strada, luogo della nuova poesia, della leggenda."
L'insieme delle vie costruisce la città nuova, dove esiste un'infanzia incorruttibile, dove si possono trasformare le favole in realtà. Basta crederci affidandosi alla forza dirompente della parola scritta. Abbandonarsi e "lasciarsi possedere", provare a restituire alle parole quella identità linguistica, affettiva e umana capace di sovrastare il frastuono di chi ci vuole ostili, obnubilati, incapaci di stendere lunghi, infiniti drappi che invitano alla pace.
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