"Maniac" Benjamín Labatut Adelphi Editore
Se con "Maniac", pubblicato da Adelphi Editore nella Collana Fabula grazie alla traduzione di Norman Gobetti, Benjamín Labatut voleva spiazzarci, è riuscito nel suo intento.
Labirintico, a tratti visionario, composto da assonanze e dissonanze linguistiche, filosofico, inquietante, il testo riesce a stordire il lettore.
Lo pone di fronte ai limiti della scienza, inverte il senso di marcia della fredda razionalità e entra nei meandri della mente.
Le parti che compongono il romanzo sembrano alternanze stranianti ma in realtà esiste un nucleo centrale sul quale si annodano più storie.
La figura carismatica che fa da collante è quella del fisico, matematico e informatico John von Neumann.
Non solo contribuì al progetto Manhattan ma pose le basi dell'informatica moderna.
L'autore tesse una struttura narrativa che miscela sapientemente realtà e finzione, mette in discussione il nostro concetto di finito, mostra le ombre di una tecnologia che sempre più spesso ci rende schiavi.
Al contempo offre un'alternativa, apre una porta che pensavamo non valicabile.
Ci invita a credere nelle nostre potenzialità, a confrontarci con il nuovo che avanza con spirito critico.
Il suo è un compendio storico e politico, una voce fuori dal coro, una ricerca delle connessioni tra letteratura e progresso.
Splendida la scrittura, ricca di riferimenti culturali, sintetica e fortemente evocativa.
Nel susseguirsi dei personaggi la cadenza stilistica cambia registro creando una rotazione di prospettiva.
Si ha la sensazione di trovarsi su una altalena che nel suo movimento crea una sorta di magia ipnotica.
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