"Non mi scuso di niente, non vengo a lamentarmi.
Non scambierei il mio posto con nessuno, perchè essere Virginie Despentes mi sembra una faccenda più interessante di qualunque altra".
Una presentazione che inquadra un personaggio controverso, osannato e censurato, amato e odiato.
Basta leggere le prime righe di "king Kong Theory", pubblicato da Fandango, per comprendere quale impatto emotivo possa scatenare.
Una scrittura volutamente provocatoria, spinta oltre il limite di ciò che è permesso rivelare e ciò che per secoli le donne hanno dovuto nascondere.
Un saggio che ha il sapore del documentario di costume e del romanzo scandalistico con un obiettivo preciso: deleggittimare "l'ideale di donna bianca e felice che ci sventolano continuamente sotto il naso, quella a cui dovremmo fare lo sforzo di assomigliare." Ma esiste davvero o è semplicemente il prodotto di un capitalismo sfrenato che preferisce oggetti da manipolare?
Perchè si sceglie di "vivere l'alienazione attraverso le strategie di seduzione? Quanto costa dover abbandonare l'indole ribelle e diventare sempre le eterne colpevoli? Perchè la maternità è l'esperienza tanto valorizzata da risultare falsa? Chi manipola questa mascherata che relega non solo le donne ma anche gli uomini nel sottoscale dei desideri taciuti?
Nella confisca dei corpi non ci sono vincitori, "se non qualche esponente delle classi dirigenti".
Finalmente grazie a questo testo duro, intransigente, dissacratorio si parla di differenze di genere senza ricorrere alla visione di una parità aleatoria.
Per costruire una società condivisibile bisogna crescere insieme, abbattere vecchi paradigmi di dominazione di un sesso sull'altro, interrogarsi sulle difficoltà ad accettare a pieno la propria sessualità.
La scrittrice sa dosare un manifesto sociale e politico con una testimonianza molto intima. Lo stupro vissuto in gioventù come colpa diventa non solo nicchia di dolore e di mortificazione dalla quale uscire ma soprattutto occasione di smontare "quel silenzio incrociato" dove si perdono i confini tra vittime e carnefici.
Smetterla di convivere con la vergogna e diventare paladine di un bisogno di cambiamento.
Gridare forte che abusare dell'altro è segno di inferiorità e non di forza, ribadire con orgoglio che la carne può essere violata ma resta la libertà della mente, quella libertà che nessuno potrà usurparci.
Non accettare che altri decidano per noi, stabiliscano regole e confini.
Grazie Virginie, ci hai regalato la parte piu intima, più nascosta della tua personalità. Lo hai fatto perchè credi che il percorso di emancipazione deve ripartire riempiendo di senso una parola abusata: femminilità.
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