Tre generazioni diventano un'unico lemma grazie alla favella pervasiva di Margaret Wilkerson Sexton.
È stupefacente che "La libertà possibile", pubblicato da Fazi, sia il suo romanzo d'esordio.
Perfette le differenti ambientazioni sceniche, la vivacità dei personaggi, la scelta azzeccata di aggettivi e verbi. Non una crepa nel disegno di una famiglia di New Orleans.
Evelyn appare per prima ed è un raggio di sole. Capace di percepire la solitudine degli altri, di difendere un amore contrastato.
Volitiva ma non ribelle traccia già da subito un percorso narrativo. In un tempo in cui le differenze razziali creano barriere la scrittrice riesce a farci vivere i disagi piccoli e grandi, le prevaricazioni quotidiane.
Quando incontriamo la figlia Jackie e dal 1944 ci spostiamo agli anni 80, siamo già entrati in una dinamica che non ha paura degli scarti temporali.
Le pagine che raccontano la caduta di Terry negli abissi delle droghe pesanti e il tentativo di Jackie di dargli altre opportunità sono struggenti, cariche di una emotività che sgorga spontanea.
A pagare il prezzo della precarietà affettiva è il loro figlio: TC.
Una scalata verso la perdizione, la difficoltà ad accettare una diversità non solo fisica ma anche interiore.
La potenza di questo racconto con coordinate spazio temporali sfalsate non è solo evidente nei costrutti strutturati come fossero piccoli appartamenti di un gigantesco castello.
È la famiglia ad essere indagata, non quella racchiusa nelle precarie mura domestiche.
C'è l'America che non vuole piegarsi, che si arrampica ma spesso cede alle pressioni sociali.
Se il testo si chiude in un cerchio perfetto è perché il messaggio deve emergere con forza: "la voce dell'incertezza" deve scomparire. È tempo di spalancare le porte alla speranza.
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