"Ho amato questo libro dal momento in cui l'ho pensato.
Scriverlo è stato un viaggio intenso, lungo, fatto di interi pomeriggi d'inverno chiuso in casa con il cuore in apnea dentro le parole."
Si percepisce in ogni pagina la tensione affettiva di Marco Marsullo. "L'anno in cui imparai a leggere", pubblicato da Einaudi Stile Libero, è storia d'amore tra lo scrittore e il lettore, un regalo sincero, una riserva di emozioni tracciate con uno stile lineare, limpido, gioioso.
L'incontro con Simona e la condivisione di un figlio non proprio, i primi passi per farsi accettare, le difficoltà nel trovare un linguaggio comune.
Le inadeguatezze nel confrontare la propria infanzia con quella del piccolo Lorenzo, i giochi improvvisati, la responsabilità di gestire la vita del minore quando la madre è costretta a partire: i dialoghi veloci, intervallati da osservazioni che mostrano la sensibilità dell'autore descrivono un universo poco frequentato.
La relazione tra un adulto e un bambino diventano trampolino di lancio di un necessario dialogo tra generazioni.
"Devi dargli ogni cosa, la leggerezza e l'intensità, la serietà e la sincerità."
L'immediatezza delle osservazioni, quel misto di tenerezza e paura fanno del protagonista un personaggio autentico.
"Avrei voluto spiegargli che non si smette mai di essere figli."
In questa frase è racchiuso un invito a rivedere i rapporti familiari, a vivere non solo la paternità genetica ma anche quella affettiva come un dono, complicato, caotico ma certamente esclusivo.
E l'abbraccio che ci siamo negati diventa una riconquista dell'infanzia.
È questa la bellezza del romanzo: rimettersi in gioco anche quando sembra impossibile uscire dalla propria casella emotiva.
Nella vita per fortuna non esistono solo linee rette.
Grazie Marco, per avercelo ricordato.
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