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"Archivio dei bambini perduti" Valeria Luiselli La Nuova Frontiera




Notti insonni a leggere documenti, a scavare tra gli archivi, a comparare numeri. Valeria Luiselli non scrive un reportage anonimo, entra nella storia "dell'emergenza immigratoria", vuole sentire la polvere della strada, il paesaggio dei disperati che provano ad attraversare il confine. In "Archivio dei bambini perduti", pubblicato da "La Nuova Frontiera", sceglie una tecnica narrativa che pur riallacciandosi ai precedenti romanzi, crea un doppio linguaggio, quello metaforico e quello reale. Racconta la sua esperienza, il viaggio insieme a marito e figli verso la conoscenza. Un sapere che diventa intreccio di voci. La madre, la moglie, la giornalista e la donna appaiono tra le pagine. Il rispetto nel trattare la notizia per evitare che venga manipolata dai media, il rigore nel parlare dei Centri di detenzione: ci si commuove e ci si sente attratti da ogni fatto, da ogni rigo, da ogni parola. Si avverte "il silenzio grande e profondo" di coloro che "reclamano i loro cari scomparsi. 



Coniugare il presente personale e quello collettivo è un dono raro che l'autrice conosce bene. "Mi siedo al sole, a guardarli da lontano, come fossi il fantasma di me stessa". Gli affetti più cari entrano nella narrazione senza reticenze, dimostrando che non è possibile avere una doppia vita mentre "il mondo, con il suo cuore incasinato palpita sotto di noi, fallendo, combinando pasticci a ripetizione mentre ruota attorno al sole attorcigliandosi su se stesso." E di quel mondo impazzito facciamo parte, spesso inconsapevoli osservatori. Il libro insegna a cercare nella direzione giusta, non affidandosi all'istinto. Sfidando il temporale che è dentro di noi, mentre "le braccia in pezzi guariscono stringendo te". Non una figura virtuale ma la moltitudine che è costretta all'esilio, che non ha diritto a un luogo. Diventare Aquile Guerriere, invincibili testimoni di tutte le ingiustizie, capaci di volare alto in un urlo che non sa di resa. 

  

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