"La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra"
Alejandra Kamiya
La Nuova Frontiera
"Ho paura e la paura non è altro che vedere la morte, ma senza poterle dare un nome. Nulla ha più un nome perché i nomi si sono staccati dalle cose e le mordono. Silenzio."
La scrittura di Alejandra Kamiya, nata a Buenon Aires da padre giapponese e madre argentina, abbaglia.
La capacità di creare un mix tra due culture rende la sua parola originale, inquieta, ondulatoria.
"La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra", pubblicato da La Nuova Frontiera grazie alla traduzione dallo spagnolo di Elisa Tramontin, svela i tratti surreali dell'esistenza lasciando il lettore immerso in una dimensione nuova, labirintica, intrigante.
I racconti sono pervasi dalla musicalità di una trama mai scontata.
Si ha la sensazione di leggere delle favole intrise di malinconia.
Di volta in volta si apre lentamente lo spazio dell'irreale e dalla magia dell'illusione si resta folgorati.
Le ambientazioni fanno da controcanto al testo, trasmettono ambiguità, senso di vuoto.
E quel vuoto si riempie di suoni e di presenze.
Forte è il richiamo ad una sintonia extrasensoriale con la Natura.
Che sia un albero o un animale poco importa, quello che conta è il contatto, l'incontro.
Spesso si assiste allo schianto, alla caduta e in questa vertiginosa assenza di gravità le figure si spogliano da ogni paura e affrontano gli istanti con pacata distanza.
Fluttuano liberi in un cosmo che di volta in volta assume forme e colori differenti.
Siamo spinti ad "accettare senza comprendere e rotolare dolcemente sui fatti."
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