"Tutte le nostre maledizioni" Tamara Tenenbaum Fandango Libri
"Ultimamente, invece, penso di più alle vite che sono uno specchio appena graffiato, una piccola deviazione."
È questo cambiamento di stato repentino, un balzo in avanti o un arretramento che rende intrigante "Tutte le nostre maledizioni", pubblicato da Fandango Libri nella traduzione di Alberto Bile Spadaccini.
Piccole rivelazioni, scorci familiari, dettagli che sembrano insignificanti costruiscono una trama volutamente frammentata, a tratti singhiozzante.
È in quel singhiozzo trattenuto che va cercata la ribellione della protagonista.
Uno stile che si evolve in spirali dal prima al dopo e viceversa.
Una Buenos Aires che rappresenta la storia tormentata dell'America Latina fa da scenario ad una narrazione individuale.
Dietro la giovane voce narrante c'è una generazione che ha subito canoni educativi rigorosi, tensioni sociali e drammi collettivi.
Bisogna trovare un senso alla morte del padre ucciso durante un attentato, decifrare l'instabilità della madre, liberarsi dalla morsa di una religione che si nutre di dogmi.
Un'affettivita popolata da donne e da retaggi di antiche leggende e nuove mitologie, gli incontri casuali, i viaggi come cartoline impolverate.
Tamara Tenenbaum dopo il grande successo del saggio "La fine dell'amore", si concede la forma narrativa e lo fa con la volontà di esplorare le contraddizioni che ci rendono schiavi.
Usa la scrittura per modulare un percorso di ricerca che non va in linea retta.
È frastagliato, divertente, malinconico, cinico.
È il reale che non ci piace e che vogliamo trasformare.
Si cammina senza una mappa mentre la tormenta ricorda che niente è definitivo.
Registrando strappi e visioni, creando spazio nel disordine caotico delle cose e delle persone, cercando un belvedere dove affacciarsi per ricongiungere corpo e mente.
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