"Amici di una vita" Hisham Matar Einaudi Editore
"– Siamo in una marea, – mi aveva detto nei giorni appassionati della Primavera araba, cercando di convincermi a tornare a Bengasi con lui, – dentro una marea, noi stessi marea. Cosí sciocchi da pensare di essere liberi dalla storia, quasi si trattasse di gravità."
Hisham Matar, vincitore del Premio Pulitzer nel 2017, torna in libreria con un romanzo che a differenza delle precedenti prove narrative è decisamente più politico nel senso più alto del termine.
Ha un taglio diagonale rispetto alla storia della Libia, una capacità di analisi e di sintesi degli eventi passati e presenti.
"Amici di una vita", pubblicato da Einaudi Editore grazie alla preziosa traduzione di Anna Nadotti, evoca un evento traumatico avvenuto il 17 aprile 1984 quando dall'ambasciata libica a Londra una raffica di mitra colpì i giovani manifestanti.
Nell'interpretazione dello smarrimento e del dolore si coglie l'abisso emotivo di coloro che vengono aggrediti in un paese che ritengono libero.
Khaled, Mustafa, Hosam sono volti differenti di approcci all'esilio.
Echi di "Anatomia di una scomparsa" vengono percepiti in una rilettura non più introspettiva ma decisamente collettiva di ciò che si è perso.
Pagine che senza retorica raccontano l'esilio come condizione esistenziale.
Indagano sulle relazioni senza lasciarsi intimorire dalle zone d'ombra che sono cariche di silenzio e di omissioni.
Il rapporto con il paese di origine è un fluido ambivalente mai ricattatorio affettivamente.
L'autore ha il coraggio di andare fino in fondo spingendosi in quel limbo dove bisogna fare i conti con ciò che ci lacera e che bisogna lasciar andare.
A prevalere è sempre il potere terapeutico della letteratura che scarnifica la realtà, la testimonia, la incarna.
Complimenti allo scrittore e all'editore.
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