"La roccia bianca" Anna Hope Einaudi Editore
"Si potrebbe ammettere che le cose sono complicate. Che in ogni storia ci sono molti aspetti diversi, e finirla lí."
In ogni storia ci sono un lato A e un lato B, più chiaro il primo, più contorto il secondo.
È quello che dimostra Anna Hope in "La roccia bianca", pubblicato da Einaudi Editore grazie alla traduzione di Monica Pareschi.
Nell'intersecare le vite dei personaggi riesce a costruire una perfetta trama ad incastro.
Il viaggio in pulmino verso un luogo considerato dai nativi l'origine del mondo.
Ogni componente di questa strana e dissimile comitiva compie questa avventura spinto da un misto di superstizione e di timore.
A dare al romanzo una collocazione temporale è una scrittrice che insieme alla figlia vuole compiere una sorta di ringraziamento.
Nelle sue titubanze, nei suoi ragionamenti cogliamo la dicotomia tra "logiche arcaiche e primitive" e l'appartenenza ad una cultura laica.
Attraversando "i punti di non ritorno" l'autrice dimostra che possono convivere in armonia l'ancestrale e la ragione.
Mentre conosciamo la ragazza, il tenente di vascello, la senegalese, la cantante ci chiediamo quali parti interpretano all'interno del testo.
Si dipanano storie su storie che hanno il sapore di favole riadattate e il sacro si mescola al profano.
Non è casuale il riferimento alla pandemia che colpisce l'Occidente.
È come un segnale di qualcosa che va aldilà della comprensione.
Questo è uno degli obiettivi della scrittrice: invitarci a percepire l'immensità delle possibilità che possono invadere le nostre esistenze.
Forti sono i riferimenti ambientalisti e antropologici sempre accompagnati da una voce narrativa che attinge ai fatti con lucida puntualità.
Un viaggio da fare cercando di comprendere quali ragioni profonde ci spingono a compiere azioni che sembrano inspiegabili.
Musicale e veloce la scrittura, raffinata la ricerca spirituale, intrigante il confronto tra universi distanti.
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