"Ogni cosa aveva un colore"
Federico Pace
Einaudi Editore
"Penso che mi rimanga solo un ultimo passo per girare intorno e ritrovarlo.
Un ultimo gesto per combattere la slealtà della dimenticanza.
Per trattenere qualcosa del suo tempo ferito.
Per trovare un passaggio che mi porti a lui."
Chi come me ha seguito il percorso letterario di Federico Pace conosce la raffinata sensibilità che contraddistingue le sue opere, il bisogno di tracciare le coordinate che portano all'essenza dell'essere umano.
Ritornando a "Scintille" (Einaudi 2019) dove l'autore si interroga sui legami familiari, ho sentito che "Ogni cosa aveva un colore", pubblicato da Einaudi Editore, è un ulteriore passo, il più difficile, per riappropriarsi dell'affettività.
La morte del padre diventa occasione di ricerca dell'uomo e del bambino ferito dalla guerra.
Il romanzo non è la solita elegia, è l'accostamento del volto sfregiato del padre e di un bambino fotografato da Werner Bischof.
Nell'intersecare le due storie l'autore racconta gli effetti dei conflitti, sottolinea la brutalità che devasta corpi e coscienze.
La figura paterna è esempio per tutti noi.
Di fronte alla menomazione fisica non si arrende, accetta quel mondo sfocato vivendo la normalità del quotidiano.
Dietro il testo si percepisce un lavoro di ricerca e di ricucitura.
Ogni frase è misurata, elegante, carica di pathos.
È la poetica del ritorno alle origini, la necessità di non dimenticare, il bisogno di rielaborare il lutto.
Un libro terapeutico, una carezza che arriva inaspettata.
Da leggere per imparare a lasciar andare coloro che non ci sono più nella certezza che non perderemo il patrimonio emozionale e culturale che nessuno potrà cancellare.
Complimenti, Federico!!!
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