"Il canto dell'essere e dell'apparire" Cees Nooteboom Iperborea
"Qualsiasi cosa egli s'inventasse, quell'invenzione sarebbe diventata per il lettore realtà."
Quale rapporto c'è tra la parola scritta e la vita vera?
Come si costruisce una trama?
Quanto l'autore resta coinvolto dalla narrazione?
Con un velato senso di malinconia Cees Nooteboom interroga sé stesso e noi lettori.
Costruisce una struttura narrativa molto fluida su diversi piani interpretativi.
Il personaggio dello scrittore è figura centrale, colui che crea e disfa come una moderna Penelope sempre in attesa.
Un colonnello, un medico e la sua affascinante moglie formano uno strano triangolo in un'atmosfera rarefatta, d'altri tempi.
"Il canto dell'essere e dell'apparire", pubblicato da Iperborea grazie alla traduzione e postfazione di Fulvio Ferrari, è un racconto breve dal sapore fortemente filosofico.
Poco importa se ha riferimenti autobiografici.
Quello che conta è il velo che si squarcia mostrando il vero volto della finzione.
Quello che succede nel libro si adatta perfettamente al nostro esistere.
Siamo solo forme insolute o riusciamo ad essere noi stessi?
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