"Taccuini" Marina Cvetaeva Voland Editore
"Non c'è un'ora per l'amore, e se c'è, allora è il mezzogiorno, la cecità, quando l'anima è assente."
Leggere i "Taccuini" significa scarnificare il dolore, esporsi alla sofferenza, sottoporsi ad dubbio.
Grazie a Voland Editore e alla traduzione di Pina Napolitano, viviamo gli anni compresi tra il 1922 e il 1939.
La parola di Marina Cvetaeva si fa frammentaria, soggettiva, sperduta.
La vita con la sua quotidianità ha il sopravvento, invade i pensieri ma non spegne l'ardore della ricerca.
Quella continua voglia di capire il ruolo della poesia, il senso dell'assenza, il travaglio della propria terra.
Fulmineo e sintetico, dispercettivo e mai docile il linguaggio ruota intorno alle domande esistenziali, cerca pace, disseppellisce il sentimento, si fa madre, rifiuta la perfezione, si ferma e poi riparte.
"Il poeta non deve avere fisionomia, ma una voce."
È questa voce che continua ad accompagnarci e tenendoci per mano ci ricorda di non perdere il coraggio di vivere.
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