"Cechov nella mia vita" Lidija a. Avilova Miraggi Editore
"Spesso, con dolore e amaro dispiacere, penso che il mio canto sia ormai giunto al termine.
Non sarò né scrittrice né...
Non sarò nulla.
Sottomettermi alle circostanze, rassegnarmi, annientarmi.
Sí, annientarmi per non nuocere alla famiglia."
È incredibile pensare che queste parole siano state scritte nel 1939.
"Cechov nella mia vita", pubblicato da Miraggi Editore grazie alla traduzione di Barbara Delfino, è una splendida scoperta.
Sia la forma che il contenuto sono attualissime.
La scrittura è lineare, come una lunga confessione.
Un diario intimo vergato con una prosa non ampollosa.
Il tratteggio lucido della condizione femminile mostra il dominio del marito che soffoca ogni entusiasmo.
Ma Lidija a. Avilova non si arrende, in lei arde il desiderio della scrittura.
Un desiderio difficile da spegnere, un fuoco che la governa.
Sa quali sono i suoi compiti di madre e di moglie, tiene alla sua famiglia e vorrebbe avere ali per volare.
L'incontro con Cechov accende una luce non solo dal punto di vista intellettuale.
Quell'uomo rappresenta ciò che lei vorrebbe diventare.
È l'amore che non si può tacere, il desiderio che non dà tregua.
L'autrice alle pagine affida il suo tormento, narra gli incontri, le parole non dette.
Attraverso la sua scrittura conosciamo il vero Cechov, approfondiamo la sua personalità.
La testimonianza tempestosa di una figura femminile in bilico tra passione e dovere.
Bellissima la prefazione di Dario Portuale che sottolinea con spirito critico l'opera.
A noi resta il messaggio di un'anima che ha tracciato il primo passo verso la sua indipendenza.
Con dolore e sacrificio ha scelto la sua strada.
Con questo libro ha dimostrato di sfidare le regole bigotte del suo tempo.
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