"Il campo di Gosto" Anna Luisa Pignatelli Fazi Editore
"Nelle acque tranquille cui era giunto dopo anni di venti e di maree, gli sembrava perfino dolce potersi finalmente guardare indietro, vagare tra i ricordi, riflettere sulla gente che aveva incontrato e sul bene e il male che ne aveva tratto."
Un uomo qualunque che affronta il pensionamento cercando di riempire un vuoto.
Quello spazio di silenzio e solitudine diventa occasione di meditazione.
Rivedere al rallentatore l'infanzia, la passione per la lettura, l'incontro con Zelia, il matrimonio e la nascita di Mirella.
Immagini nitide che si confondono con il tempo sempre uguale, i giorni lunghi come eterni rintocchi di un'esistenza a scadenza.
"Il campo di Gosto", pubblicato da Fazi Editore nella Collana Le Strade, ha un ritmo cauto.
Presenta il Gosto senza enfasi in una quotidianità che si sfilaccia lenta.
Pensieri che tornano, spezzoni di una vita semplice, che non si attende nulla.
Sullo sfondo il paese con le chiacchiere perse, le cattiverie, le distanze.
Sembra che il protagonista si muova controcorrente.
Non riesce ad essere diffidente come la moglie, algido come la figlia, sprezzante come l'ex datore di lavoro.
Crede nella bontà che può fiorire improvvisa e il suo campo è forse simbolo di questa speranza.
Procede lenta la narrazione con pause che accentuano il divario tra bene e male.
Piccoli episodi costruiscono lo scenario diverso da quello agognato dal nostro antieroe.
È una discesa inesorabile che mostra il vero volto di una comunità indifferente, offuscata dal pettegolezzo, incapace di relazionare.
Nuccio e Stella sono promesse, frutti giovani e sani.
Qualcosa succede e mentre il cielo si tinge di nero e la tensione aumenta finalmente l'illusione si libra in aria.
È una bolla di niente, è l'inconsistenza della fiducia, è la spietata verità.
Il calore di una gatta e il sospiro della notte mentre il sipario cala costringendoci a comprendere il messaggio lanciato da Anna Luisa Pignatelli.
La prosa essenziale, il linguaggio minimale ricordano "Foschia" ( Fazi 2019), mentre rispetto a "Ruggine" ( Fazi 2016) si percepisce una notevole mutazione.
Nell'evoluzione mentale di Gosto non c'è resa ma consapevolezza, non rabbia ma distaccata osservazione.
Lo sguardo della scrittrice si pone in una direzione obliqua, posizione ideale per studiare chi siamo.
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