"Ti seguo" Sheena Patel Atlantide Editore
"Seguo ossessivamente una donna su Internet, va a letto con lo stesso uomo con cui vado a letto io.
A volte quando guardo le sue storie con troppa foga, la blocco temporaneamente così non può vedere che ricarico la sua pagina quindici volte in un minuto, lo faccio distratta mentre Netflix scorre sullo sfondo del mio laptop, mi si contorce lo stomaco di piacere quando compare il cerchietto rosso sulla foto del suo profilo."
Caustica, distruttiva, feroce è la voce narrante di "Ti seguo", pubblicato da Atlantide e tradotto da Clara Nobile.
Senza filtri, diretta, implacabile ci appare questa donna che passa le sue giornate a sbirciare la pagina di colei che rappresenta una rivale.
Ma il tema centrale del romanzo è ben altro, molto più incisivo e pericoloso per chi legge.
È il potere dei social entrati a sostituire la realtà, pronti a restituirci un universo patinato e perfetto, senza sbavature o difetti.
È la spunta blu che ti rende superiore, inimitabile, il numero di follower che ti glorifica, la falsità di una foto perfetta che elimina tracce di ciò che non deve essere visto.
Nascondere sotto il tappeto le fragilità, le incertezze, i momenti critici.
Se da un lato la nostra protagonista ha la tentazione di svelare l'imperfezione, dall'altra si misura con un territorio non suo.
C'è rabbia e frustrazione, voglia di solcare il muro della sua pochezza.
Ma c'è un altro aspetto da non trascurare ed è rappresentato dalla necessità di conoscere il suo amore attraverso le figure che fanno parte del suo cerchio magico.
Capire quello che sembra amore ma è solo illusione.
Intrufolarsi nella dinamica relazionale per carpirne i segreti.
E poi c'è l'ossessione che può essere definita la malattia del secolo.
Descritta con tale lucidità e freddezza da lasciare raggelati.
E il sesso tra dominato e dominatore, tra chi sceglie e chi accetta.
"Dopo questa serata non si fa sentire per giorni.
Sono sconvolta.
Faccio una gita con i miei amici e piango, chiedo che finisca, chiedo che questo dolore finisca, non ce la faccio più."
In una scenografia di maschere di cera lei prova dolore, esiste, si dispera, ha un'anima.
C'è una frase che colpisce come un getto d'acqua fredda.
"Forse l'uomo con cui voglio stare mi vorrà e non mi getterà via con tanto sdegno come invece fa, sarò qualcuno degno di attenzione.
Sarò un nell'oggetto da possedere e mostrare con vanto."
Sheena Patel vuole provocarci e ci riesce.
Ci affida una scrittura postmoderna, ricca di duplici interpretazioni, capace di denunciare questa società perversa.
Racconta la dipendenza da ciò che vedono gli altri, la malafede di una cultura patriarcale, la mancanza di solidarietà femminile.
L'effetto tossico di incontri malsani, la misurazione del tempo che per gli uomini è illimitato, il ruolo del colore della pelle.
Essere bianchi significa "essere considerato migliore".
In tutta la narrazione non c'è futuro e non c'è passato: un eterno, invadente presente.
L'autrice al suo esordio narrativo mostra grinta e carattere, si spinge oltre il politicamente corretto, usa un linguaggio volutamente ripetitivo e riesce ad intrappolarci all'interno della trama.
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