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"Mi limitavo ad amare te" Rosella Postorino Feltrinelli Editore

 


"Mi limitavo ad amare te" Rosella Postorino Feltrinelli Editore






"La maledizione di essere umani, mortali

di avere figli

di essere figli."


Essere ramo che si spezza.
Sentire il frastuono della guerra, guardare le macerie della propria città, percepire la paura degli adulti.
Essere soli e cercare di aggrapparsi a presenze che sono ombre lontane.
Sarajevo, 1992.
Lo scenario devastante che azzera abbracci e parole e sguardi.
Un pullman in fuga verso la pace, posti di blocco, urla e terrore.
"Mi limitavo ad amare te", pubblicato da Feltrinelli Editore, ha una modalità nuova di raccontare la Storia.
Nada, Omar, Danilo: ragazzini costretti ad abbandonare quel poco che resta della propria terra.
Ad inventarsi una lingua che contenga il dolore.
Per entrambi la madre è la mitologia dell'origine, la carne che ti appartiene, il respiro che ti nutre.
L'Italia che accoglie è la straniante sensazione dell'esule, la luce che abbaglia e confonde.
Rosella Postorino torna in libreria con un romanzo potente.
La scrittura ferma, incisiva scava pozze nel cuore dei lettori.
Invita a riflettere sul nostro essere figli, sul legame ancestrale che è il nostro certificato identitario.
Ai suoi personaggi affida il compito di andare avanti come sentinelle della pace.
Dovranno unire presente e passato, cauterizzare le ferite, accettare le perdite, tornare a fidarsi degli esseri umani.
Ricostruire l'immaginazione della figura materna senza filtri e mitizzazioni.


"Bisognerebbe cucirle le donne.
Rifondare un mondo senza madri."


Impedire che la violenza sporchi i loro corpi, annulli la speranza.
Il conflitto è anche questo: violazione.
A pagare loro, mamme e sorelle.
Saranno proprio i figli in un percorso di consapevolezza a ricucire frammenti affettivi, a dimostrare cosa è famiglia.


"Fecero l'amore come si resta in vita

Perché si è nati,

E basta."


Un libro che trafigge e conquista, il ritorno al ventre materno, l'esplorazione del bisogno di amore.
Da leggere per non fermarsi quando il gelo dell'assenza rischia di immobilizzarci.

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