"Il paradosso della sopravvivenza" Giorgio Falco Einaudi Editore
"Esiste semmai la concatenazione di piccoli fatti, gesti, azioni che non producono traumi immediati ma ferite invisibili, che diventano foglie assenti delle poesie, l'aria che respiriamo, e tutto ciò che guardiamo, ascoltiamo, odoriamo e perdiamo, assegnando all'istante la categoria di quanto definiamo esperienza."
Istanti che si dilatano all'infinito in una narrazione che procede per intervalli temporali.
Fede neonato e la figura della madre, percezioni di un legame che è liquido, lattiginoso, indefinito.
Bambino che sente riecheggiare quel ciccione come un attributo che non gli appartiene.
Il corpo che si espande alla ricerca di aria e luce, la voracità come elemento di salvezza.
"Il paradosso della sopravvivenza", pubblicato da Einaudi Editore, segue le tracce di un comune denominatore.
Il protagonista è solo portavoce di innumerevoli solitudini.
È ingombro della materia che invade lo spirito, è carne che trasuda insoddisfazione.
È desiderio che non sa esprimersi, il quadro desolato della società dei consumi.
Gioco perverso di due adolescenti che non sanno cercare parole e nella sperimentazione estrema del limite inventano un linguaggio segreto.
È il paese con le montagne che incombono e il rumore dell'acqua, inquietante sussurro che prospetta una ipotetica redenzione.
È Milano e il lavoro precario, i monolocali, il silenzio, le ombre di una città vorace.
È il disagio di genitori che preferiscono non vedere.
È lo schianto della funivia, lo spaesamento del sopravvissuto.
È il godimento represso e la negazione dell'amplesso.
"Il mondo è il mio peggior nemico.
Io sono il mio nemico."
Una frase all'apparenza ambigua, una tenaglia che stritola l'Io e il Noi.
Se "Ipotesi di una sconfitta" (Einaudi 2017) era un viaggio intimo e "Flashover Incendio a Venezia" ( Einaudi 2020) simboleggiava il fuoco che divora le coscienze, la nuova prova letteraria oscilla tra introspezione e analisi sociale.
Giorgio Falco pone domande che incendiano la mente.
Chi sopravvive e come?
Fede è "fuori dal suo tempo" e noi?
Un romanzo travolgente, bello per la feroce sincerità.
Una scrittura che non ricuce ma frantuma perché solo dalle schegge potremo ritrovarci.
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