"Non c'è pace per Kühn" Jan Weiler Keller Editore
"Appena riusciva ad afferrare un'idea, ne arrivava un'altra che gliela strappava di mano.
Non faceva in tempo a trovarsi da solo con sè stesso che cascate di pensieri e immagini sconnesse si ammonticchiavano nella sua mente."
Fin dalle prime pagine si prova una empatia spontanea per Martin Kühn.
È il suo modo di raccontarsi, l'attenzione alle piccole cose, il flusso di pensieri che lo tormentano.
La capacità di trovare crepe durante gli interrogatori, di mettere alle stette gli ipotetici colpevoli con una strategia sottile e intelligente.
Procede per gradi con un raffinatissimo eloquio verbale.
Sa che non farà carriera ma prende molto sul serio il lavoro di poliziotto.
È intuitivo e conosce le oscillazioni tra bene e male della natura umana.
"Non c'è pace per Kühn", pubblicato da Keller Editore nella traduzione di Federica Garlaschelli, è primo di una trilogia che ha per primo attore l'uomo comune.
Sensibile, realista, padre e marito, non si accontenta di soluzioni facili.
Va al nocciolo dei delitti, prova a comprenderne i moventi senza perdere la sua umanità.
Jan Weiller sceglie come scenario un complesso residenziale abitato da gente normale.
È questa la forza del romanzo: dimostrare che la violenza può annidarsi dovunque e nessuno può essere escluso dai sospetti.
In una escalation di eventi e di strategie investigative il nostro protagonista si trova a dover fare i conti con incertezze che lo investono come novità.
Il passato torna con violenza come una tormenta di neve senza preavviso.
Un'estate lontana, un torto subito e il silenzio che diventa oblio.
Serrati i dialoghi in un finale che smaschera la ripetitività dell'abbrutimento.
Esiste il perdono?
A voi la risposta.
Il libro ci insegna che rimuovere non serve perché la verità vince sempre.
Intrigante rassegna fotografica di prismi cangianti come sono i ricordi.
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