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"Kallocaina Il siero della verità" Karin Boye Iperborea Editore

 


"Kallocaina Il siero della verità"  Karin Boye Iperborea Editore




Scritto nel 1940 " Kallocaina Il siero della verità", fu l'ultima prova letteraria di Karin Boye.
A distanza di un anno la scrittrice, tormentata da un vuoto esistenziale che l'accompagnò per tutta l'esistenza, si tolse la vita.
Leggerlo con queste premesse aiuta a comprendere la potenza narrativa, lo spaesamento e il dolore che pervadono le pagine.
Definito dalla critica come romanzo distopico ne ha i tratti caratteristici.
Protagonista è il chimico Leo Kall, inventore del siero della verità, utile a sventare i traditori del regime.
Lo Stato Mondiale domina i cittadini, ne limita il pensiero.
L'uomo è annullato, stritolato da un potere totalitario.
La narrazione inquadra con pennellate suggestive la situazione politica ma sa anche entrare nella psiche dei personaggi.
Ci si sente soffocati e ridotti a nullità attraverso inquadrature letterarie molto suggestive.
I luoghi sotterranei, le divise tutte uguali, la mancanza di precisi riferimenti geografici accresce il senso di minaccia.
Sarà il personaggio principale a subire una lenta metamorfosi, un viaggio della coscienza.
Il rapporto tra politica ed etica, tra individuo e società, tra libertà ideativa e schiavitù diventa il tema centrale in un crescendo emotivo fortissimo.
Ruolo fondamentale ha la moglie del chimico in un gioco di ruoli che analizza lo spessore dell'amore.
Mi piace pensare ad un testo psicoanalitico a tratti duro, con risonanze tragiche.
Un necessario viaggio per ritrovarsi, per comprendere il valore della libertà.
Il testamento spirituale di una donna che ha sempre disperatamente cercato la sua vera identità.
La denuncia a tutti quei sistemi che vogliono tarparci le ali.
La mia gratitudine a Iperborea Editore, alla tradutrice Barbara Alinei, a Vincenzo Latronico che ha curato la postfazione per avermi permesso di riflettere sul presente e sulle contraddizioni di una politica che non lascia spazio all'essere umano.
Una scrittura che lascia tracce, si incunea nelle menti e invita ad avere il coraggio di mettersi in discussione.

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