"Il puma" Jean Stafford Adelphi Editore
Due bambini, Ralph e Molly.
Un cerchio simbiotico per proteggersi dalla solitudine.
Il mondo degli adulti è spigoloso, artefatto.
Madre e sorelle sono poli distanti, incapaci di comprendere le inquietudini dei ragazzini.
Jean Stafford, vincitrice del Premio Pulitzer per la narrativa nel 1970, coglie ogni vibrazione, ogni pensiero e lo restituisce intriso di malinconia.
L'accuratezza delle descrizioni, le sfumature del paesaggio, i personaggi che ruotano intorno ai protagonisti costruiscono uno scenario solo in apparenza statico.
La scenografia subisce un mutamento che trasforma la trama di "Il puma", pubblicato da Adelphi Editore nella Collana Fabula e tradotto da Monica Pareschi.
Le estati passate nel ranch dello zio segnano una frattura.
Lentamente l'infanzia si sfilaccia e lascia il posto ad un turbamento indefinito.
Femminile e maschile: le strade iniziano a dividersi.
Cresce la difficoltà a parlare la stessa lingua.
Considerato romanzo di formazione, il testo ha una valenza simbolica molto forte.
Nel distacco si celano le ritrosie, gli entusiasmi non condivisi, la tensione per ciò che si sta perdendo per sempre.
È la diversità dei ruoli sottolineata da pennellate che hanno colori stridenti.
Cresce il ritmo, non dà tregua e nella selvaggia bellezza del puma si intravede un finale inaspettato.
È il tempo di fare i conti con le proprie pulsioni, le rabbie, i dolori.
Restano rimpianti e una nuova, tragica consapevolezza.
Una scrittura impeccabile, sinuosa, tenera e drammatica.
Cala il sole, si avvicina la notte e sarà una macchia scura che copre lentamente la luce.
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