"Ombelicale" Andrés Neuman Einaudi Editore
"Avevo tanta paura, figlio, a rincontrarmi.
Spero che mi insegnerai a piangere le cose che non ho mai pianto."
Andrés Neuman libera quelle parole che avremmo voluto pronunciare.
Sono rimaste incagliate nel profondo, custodite insieme ai ritagli dei nostri giorni.
Lo scrittore colma il nostro vuoto con la poetica ancestrale e lega la sua esperienza di padre a quella di tutti noi.
Leggendo "Ombelicale", pubblicato da Einaudi Editore grazie alla traduzione di Silvia Sichel, ci sentiamo figli desiderati, amati, abbracciati.
Dal concepimento vissuto con meraviglia all'attesa in comunione con un piccolo essere inizia un dialogo intimo, il primo riconoscimento.
La scelta del nome, la preparazione del corredino, le prime ecografie: il tempo è sospeso, avvolto dal mistero.
La nascita e la luce: si è sciolto l'incantesimo.
Inizia l'incontro fatto di piccoli attimi che si vorrebbero fermare.
"In questa trance di comunione, desidero che l'istante non trascorra, che tu non cresca in fretta, che il finale sia solo un espediente narrativo, e di non poter più conoscere altro amore, se non questo."
Il testo è poesia che entra nelle vene.
È il dubbio di non saper essere genitore.
La ricerca di un comune inizio, infanzia condivisa, gioco di squadra, la costanza nell'esserci.
Per chi vuole sentire l'intreccio di emozioni di un prima dimenticato, per chi cerca quel padre che non c'è stato.
Bellissimo!
Commenti
Posta un commento