"Yoga" Emmanuel Carrère Adelphi Editore
"Osservare la propria respirazione, seduti immobili su un cuscino, è quel che si chiama meditare, pratica sempre più di diffusa e che avrebbe dovuto essere l'unico argomento di questa storia se solo la vita non l'avesse trascinata, come vedrete, in mari più burrascosi."
Non credo che Emmanuel Carrère avesse in mente di realizzare un "libretto arguto e accattivante" sulle tecniche meditative.
Se nella prima parte di Yoga", pubblicato da Adelphi Editore nella traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala, l'autore narra la sua esperienza è solo per prepararci spiritualmente a percorrere i labirinti della mente.
A distoglierlo dal raccoglimento mentre partecipa ad un seminario è un evento tragico.
La morte di Bernard Maris nella strage di Charlie Hebdo è un brusco ritorno alla realtà.
Quel filo sottile di pace interiore si frantuma e restano le schegge di un'anima in dissoluzione.
Pagine sublimi dove cadono i veli e ci si ritrova in compagnia dei propri fantasmi.
L'oscillazione tra il desiderio di serenità e la presenza ingombrante di una malinconia cosmica regalano un testo struggente e bellissimo.
Carrère non si limita ad osservarsi dall'esterno, prova a forzare le porte di un malessere che lo accompagna da sempre.
Le sue parole sono spiazzanti, lucide, genuine.
Mentre scivolano come carte usate pezzi di quotidianità l'analisi si fa più serrata, intransigente.
Quel disagio psichico diventa materia di studio, occasione per confrontarsi con la malattia, necessario bisogno di normalità.
Ma cosa è la normalità?
È questo il quesito che emerge con forza.
Non ci sono mediazioni linguistiche, metafore o simbologie, è la cruda verità.
È la forza della polacca "Eroica" di Chopin, è l'euforia di un ballo tra stelle immaginate, è la peregrinazione di Atiq, è il rispetto del dolore, è la mancanza di progettualità e il rifiuto dell'immobilità intellettuale.
È il diario e il viaggio, la paura ed il coraggio.
È il giorno da affrontare anche quando fuori e dentro infuria la tempesta.
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