"V13 Emmanuel Carrère Adelphi Editore
"Un giorno dopo l’altro, ascolteremo esperienze estreme di morte e di vita, e penso che, fra il momento in cui entreremo in quell’aula di tribunale e quello in cui ne usciremo, qualcosa in noi tutti sarà cambiato. Non sappiamo che cosa aspettarci, non sappiamo che cosa succederà. Coraggio."
La strage del 13 novembre 2015: 131 morti.
Una ferita che ci portiamo dentro.
Lo spartiacque drammatico tra un prima e un dopo.
Raccontare il processo significa trovare parole per descrivere l'orrore.
Per otto mesi Emmanuel Carrère assiste agli interrogatori, prende appunti, compone articoli.
Il frutto del suo lavoro è raccolto in "V13", pubblicato da Adelphi Editore nella traduzione di Francesco Bergamasco.
Suggerisco di non porsi domande e di ascoltare l'autore.
Sarà lui a condurci con tonalità linguistiche differenti.
Conosceremo le vittime, gli imputati, i magistrati.
L'autore sceglie di farsi da parte, rispettoso osservatore di una immane tragedia.
Il suo compito è quello di dare forma alla narrazione, sviluppare un disegno complesso, fare da cassa di risonanza delle voci e dei sentimenti degli attori principali.
La scrittura è a tratti asciutta, a tratti affilata.
Infiniti i dettagli, corollari indispensabili per andare oltre il logos.
Nella lettura attraversiamo stati d'animo ambivalenti, proviamo rabbia, pena, paura.
Vediamo il volto cangiante del Male, la disperazione dei familiari, la freddezza dei colpevoli.
Viviamo un ritualità, quella del dolore che non è più individuale.
Cerchiamo di "comprendere" cause ed effetti.
Lo scrittore riesce a costruire un racconto collettivo.
Lo fa con le armi della letteratura, senza cedimenti e amplificazioni sceniche.
Restituisce alla Storia il suo ruolo di maestra.
Perché non accada più, perché quello che è successo resti a testimoniare nel tempo quell'indicibile che non può e non deve essere cancellato.
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