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"1889" Régis Jauffret Edizioni Clichy

 


"1889" Régis Jauffret Edizioni Clichy






Chi conosce lo stile incandescente di Régis Jauffret sa che "1889" sarà una labirintica discesa negli inferi.
Se nelle precedenti opere il Male aveva volti anonimi, il nuovo romanzo sceglie un personaggio storico che rappresenta e concentra l'orrore e la violenza.
Con eccellente virtuosismo creativo sceglie come interprete principale la madre del Demonio.
Una figura poco conosciuta, vissuta nell'ombra che ci appare fin dalle prime righe come una schiava.
Costretta ad ubbidire allo Zio, colpevole di avere partorito figli morti, ha un solo modo per redimersi.
La procreazione è strumento indispensabile per avere una identità.
Chi è Klara e quali sono i suoi desideri?
Nessuno le ha insegnato a sognare ma verga con mano incerta i suoi pensieri in un quadernino gelosamente custodito.


"Ho qualche difficoltà a riconoscere le righe che ho appena scritto.
Dopo innumerevoli tentativi alcune restano illeggibili come se divulgassero un segreto al quale non devo avere accesso.
Sembra che sia stata una mano diversa a tracciarle.
Forse in me esistono altre persone.
È pretenzioso per una creatura di Dio credersi unica."


Mentre si delinea il contesto socio culturale e si evidenziano gli abusi subiti da questa innocente giovane ci chiediamo dove vuole condurci lo scrittore.
Sappiamo che da quel ventre nascerà Adolf Hitler e sentiamo un'ansia crescente.
La voglia di fermare il tempo e poter dire: non è successo ma la Storia non si cancella.
Restano i massacri, i lager, i troppi morti e i sopravvissuti, schiavi del ricordo.
La interpretazione in chiave romanzata di un'esistenza in divenire è una delle tante pietre che costruiscono il simulacro in onore delle vittime.
È la cellula che si sviluppa in un habitat malsano, è il carnefice che mostra la sua follia.
È la colpa dei padri, il seme malato in una comunità che sta per avviarsi verso la deriva.
E la madre?
Assiste inerme cercando di separare corpo e anima, non le è concessa altra scelta.
Il finale aperto ci invita a non mescolare colpevoli e innocenti, ad analizzare con freddezza e lucidità il secolo che ha lasciato scie di sangue.
E quel sangue continua a ricordarci di non dimenticare.






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