"Biografia di un vestito" Jamaica Kincaid Adelphi Editore
Una bambina e un abito di popeline giallo.
Due anni e una foto sgranata.
Evocare quel tempo significa chiedersi chi era quella ragazzina e chi era
soprattutto la madre.
Quali aspettative c'erano nel cuore di quella donna mentre cuciva nei ritagli
di tempo.
Quali sogni accoccolata davanti casa tra l'ombra e la luce della Giamaica.
Nel primo dei racconti "Biografia di un vestito" che dà il nome al dittico ci
sono le tracce di una quotidianità che si deve accontentare di poco.
E quella stoffa e il filo e l'ago sono la tradizione che emerge, forse anche la
speranza.
Ripubblicato da Adelphi Editore nella Collana Microgrammi grazie alla
traduzione di Franca Cavagnoli, regala la scrittura impeccabile e
meravigliosa di una grande donna.
Lo stile di Jamaica Kincaid è inconfondibile, discorsivo, brillante, frutto di
una costante ricerca del fonema giusto.
Sa portarci nel suo mondo con semplicità, attraverso il dettaglio di piccole
cose che rendono ogni evento eccezionale.
È l'arte della narrazione, la cultura antica dell'oralità, la voglia di scandire
la propria voce.
È la parola che si fa riscatto, che non si mimetizza o si nasconde.
È la giovane che fugge a New York, il bisogno di libertà e la rivendicazione
del colore della pelle.
È la capacità di travestirsi rimanendo intera, sono le notti infinite, i corpi
sfiorati, l'odore della madre.
È la gestualità ripetuta di cucire alla figlia l'abito della gioia.
È il rimpianto di una giovinezza scomparsa, la stanchezza nel ricordare.
È la testimonianza di chi in ogni momento è stata sè stessa.
La seconda storia ha già nel titolo il suo messaggio.
"Quando ho rimesso insieme i pezzi" è un invito a tutte noi.
Accogliamolo.
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