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"Il museo della resa incondizionata" Dubravka Ugrešić La Nave di Teseo

 


"Il museo della resa incondizionata" Dubravka Ugrešić La Nave di Teseo






"L'esiliato ha l'impressione che la condizione dell'esilio abbia la struttura del sogno.
D'un tratto, come in sogno, compaiono alcune facce che aveva dimenticato, alcuni spazi che sicuramente vede per la prima volta, ma ha l'impressione di conoscerli per qualche motivo.
Il sogno è un campo magnetico che attira immagini dal passato, dal presente e dal futuro."


"Il museo della resa incondizionata", pubblicato da La Nave di Teseo nella Collana "i Grandi Delfini", grazie alla traduzione di Lara Cerruti, non è solo la storia di una donna costretta ad abbandonare il suo Paese durante la Guerra dei Balcani.
È la tenace testimonianza della perdita di identità di tutti coloro che non hanno avuto e continuano a non avere scelta.
Fuggire significa annullare le radici, cancellare ciò che si è, imparare una lingua altra, assimilare nuovi paesaggi.
Restano frammenti e su questi Dubravka Ugrešić, nata nell'ex Iugoslavia, compone un romanzo meraviglioso.
La sua non è solo rivisitazione storica, è la frattura interiore, la necessità di capire.
Un viaggio che coinvolge parenti, amici, estranei: la poetica dello straniamento universale.
La scrittura si interrompe, riprende.
Da una riflessione all'altra c'è una pausa, il bisogno di collocare il racconto fuori da sè.
Ruolo fondamentale hanno gli album di foto perché nel caos di un passato che scolora sono segni tangibili, immagini che nessuno potrà eliminare.
La madre, il padre, figure di una generazione che ha subito, tratteggi di vite spezzate.
Berlino, "città mutante, travestita", è occasione da cogliere cercando di restare interi.


"Il mondo è confuso e pieno di azzardi"


In questa Babele riorientarsi, far emergere le voci di Gogol', Brodskij, Nabokov.
Dimostrare che la letteratura può salvare perché è universale.
Solo attraverso la parola scritta si può cogliere "un'armonia segreta, la logica circolare dei simboli."
L'autrice ci ricorda che siamo tutti esiliati, intrappolati in una condizione esistenziale che sentiamo estranea.

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