"La morte del padre" Alice Ceresa La Tartaruga Editore
"In questa famiglia patriarcale la morte del padre è sopravvenuta come una glaciazione verificatasi altrove nei terreni ormai deserti dove i membri della famiglia continuano ieraticamente a compiere i gesti della scomparsa vita in comune."
In "La morte del padre", ripubblicato da La Tartaruga Editore, ogni parola si incastra all'interno di uno schizzo a carboncino.
È questa la sensazione che attraversa il lettore, ipnotizzato da immagini che solo all'apparenza sono rigorose e schematiche.
Chi conosce lo stile implacabile di Alice Ceresa sa che dietro la verbosità misurata si nasconde un modo di rappresentarsi.
Nel racconto breve più volte bisogna fermarsi e adattare l'ascolto ad una voce che certamente ha messo in discussione la relazione tra letteratura e femminile.
Ha trovato una sua identità attraverso l'essenzialità, frutto di una continua e incessante ricerca della forma perfetta.
La morte del padre assume il ruolo di binocolo che a distanza riesce a studiare la famiglia.
Definire il concetto di nucleo familiare significa assumersi la responsabilità di indagare su una struttura sociale frantumata.
La madre che da tempo ha preso le distanze dal marito in un normale riposizionamento dei propri spazi, il figlio minore in conflitto da sempre con la figura paterna, la sorella maggiore "è quella che si comporta con più distinta normalità nell'inedita vicenda."
La sorella minore si concede il pianto e quasi a voler prendere le distanze esce per passeggiare il cane.
Ognuno ha un suo modo privato di respirare l'evento ma in entrambi prevale il ragionamento e la logica.
La forza del testo sta in questa rappresentazione del trapasso.
Il corpo del defunto perde consistenza, assume una metamorfosi, si allontana o forse è sempre stato troppo lontano.
Accettare "un padre concettuale" significa analizzare i ruoli e le imposizioni, riconoscere la distanza, dare un giudizio oggettivo.
Nel finale finalmente si conclude la commedia che vede uniti personaggi disgiunti e nelle ultime frasi si avvera la liberazione da stereotipi culturali.
Bellissima la prefazione di Patrizia Zappa Mulas, il ritratto di un'autrice che merita di essere conosciuta.
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