"Uno shock" Keith Ridgway SUR
"Tutte le storie sono la stessa storia."
Cambiano i contesti e le personalità ma nel gioco di intrecci proposti da "Uno schock", pubblicato da SUR nella traduzione di Federica Aceto, tante sono le sfaccettature comuni.
Nove racconti perfetti, originali, alcuni spietati, altri inquietanti.
Siamo a Londra, città che produce solitudini.
E in questo magma indistinto si muovono tutti cercando non la normalità ma la stranezza.
Uscendo dagli schemi, inventando un modo alternativo di stare al mondo.
Il libro si apre all'interno di una casa e si chiede nella casa speculare.
È come se la realtà avesse due facce da decodificare.
Keith Ridgway riesce a creare dei fori che riescono a farci scorgere il lato A e il lato B.
I personaggi si sfiorano ma non si accende la scintilla del contatto.
La diffidenza, il timore di non essere accettati, la spietata consapevolezza di non far parte del cerchio: è questo quello che percepiamo.
"È come se stesse avanzando a scatti nel tempo, o se come fosse il tempo a passarle davanti a scatti, interrotta com’è ogni momento da qualche distrazione interna o esterna in cui resta incastrata, impigliata, che la tiene da qualche parte lontano da sé stessa per un istante."
Tanti gli effetti speciali che catalizzano la nostra attenzione.
Immediatamente la scrittura ci riporta alla pagina, ci travolge con il ritmo serrato.
Stiamo vivendo un'esperienza sensoriale al di fuori dei confini del romanzo tradizionale.
Tutti i parametri stilistici sono ribaltati, le trame si piegano inaspettatamente verso finali sorprendenti.
Una punta di sarcasmo affiora nella descrizione della morale, troppo chiusa e bigotta.
Una prova che mette a nudo le anime dimostrando che "le vite sono bottoni" e che l'immaginazione è l'unica strada che ci consente di essere liberi.
Per chi vuole liberarsi dal peso dei giudizi, staccarsi dalla materialità dell'esistenza e concedersi una pausa sbirciando oltre il muro del proprio isolamento.
Commenti
Posta un commento