"Fine di un matrimonio" Mavie Da Ponte Marsilio Editore
"Ci eravamo uniti per il motivo giusto, perché colmavamo i nostri reciproci
vuoti.
E io, quando ci eravamo incontrati, ero talmente piena di buchi da essere quasi
trasparente."
Colpisce subito l'onestà di Berta, una specie di candore interiore.
Racconta di sè con lucidità e una punta di amarezza.
Non nasconde niente, il suo bisogno di emanciparsi dal Quartiere, dalla
volgarità, dal linguaggio con inflessioni dialettali, dalla famiglia senza
prospettive.
Il matrimonio con Libero è il salto di qualità, la possibilità di entrare nel
mondo patinato e finto della borghesia.
Ha cercato sicurezza, l'approvazione di una classe sociale, l'appartenenza
ad una categoria culturale.
È una gallerista attratta dagli affari, il marito è ginecologo da generazioni, la
casa un guscio sicuro.
Quando senza troppi giri verbali il compagno le rivela che ha un'altra e che
vuole il divorzio, lei resta impassibile.
Questo è il suo ruolo da troppi anni.
Niente lacrime, urla, recriminazioni.
Inizia un percorso scosceso in solitudine.
Gli altri non devono sapere, non devono compatirla.
I giorni si riempiono di niente, il tempo è una fossa da riempire.
Guardarsi allo specchio significa confrontarsi con l'età che avanza, col
corpo che sfiorisce.
La storia con Lorenzo dovrebbe essere un balsamo ma ancora una volta è la
finzione, il sesso svelto, la mancanza di passione.
Fingere anche con la madre, sentire sulla pelle l'umiliazione.
"Fine di un matrimonio", pubblicato da Marsilio Editore, potrebbe sembrare
la trascrizione della banalità delle relazioni.
È molto di più perchè sa interpretare gli stati d'animo altalenanti, le
reazioni, le solitudini.
Perché dà voce a tutte coloro che sono state respinte, abbandonate, buttate
via come oggetti.
Restituisce dignità attraverso il coraggio della confessione, la capacità di
ammettere il fallimento, la lenta consapevolezza che quel legame,
immaginato perfetto, era solo una sghemba e ridicola farsa.
Che bisogna sudare per risalire, per accettare chi siamo e da dove veniamo.
Mavie Da Ponte, al suo esordio narrativo, ha una scrittura incisiva, dura,
inflessibile.
Costruisce una trama trasparente dove ognuno, dall'amica, alla donna delle
pulizie, all'avvocato, alla stagista, sono tessere di un puzzle individuale e
non collettivo.
Ricorda che quando arrivano i cambiamenti siamo tragicamente soli e se
vogliamo rialzarci dobbiamo faticare.
Riflette e fa riflettere su ciò che è il matrimonio, cosa si cela dietro la
mancanza di passione, quando ci si adagia convinti che tanto durerà per
sempre.
Offre lo spaccato di una società traballante, insicura, punta i riflettori sulle
fragilità maschili, le ipocrisie dei salotti borghesi, i fuorvianti siti per
appuntamenti.
Sa essere ironica e arguta, pungente e tenera.
Una lettura intrigante, inflessibile, il meccanismo perfetto della commedia
di quello che crediamo amore.
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