"Una buona scuola" Richard Yates minimum fax
"Grove aveva imparato a sentirsi riconoscente quando i problemi si risolvevano."
L'adolescenza in un collegio americano alla fine degli anni Trenta.
Le angherie dei compagni, le smanie e le passioni, la difficoltà di crescere.
Grove, alter ego dell'autore, è uno dei tanti ragazzini che frequentano una
scuola che dà spazio all'individualità.
Leggendo con attenzione ci si accorge che ogni alunno vive il suo personale
disagio in solitudine.
La struttura scolastica non riesce a fare da filtro alla complessità
dell'esistenza.
Sono gli insegnanti con le loro manie, i peccati grandi e piccoli, i
camuffamenti della realtà a creare uno scollamento.
Non sanno essere punti di riferimento con i loro comportamenti contorti,
mantengono le distanze da quel luogo che si chiama sviluppo cognitivo.
Credo che in "La buona scuola", ripubblicato da minimum fax nella
traduzione di Andreina Lombardi Bom, protagonista sia l'istituzione.
La disposizione delle stanze, gli spazi comuni, le regole da seguire sono
piccoli segni di una forte discrepanza con i desideri dei ragazzi.
Il timido, il bullo, la vittima, l'indifferente: un variegato universo che solo
nel finale trova un punto di incontro.
Il messaggio di Richard Yates è chiaro: deve esserci un elemento aggregante
e questa riflessione è valida anche oggi.
L'autore utilizza molto i dialoghi, costruisce piccole scene che insieme
disegnano la trama.
Una velata malinconia fa percepire quanto il passato lasci tracce indelebili
nello sviluppo della personalità.
Nell'epilogo emerge la traccia realista e insieme all'autore guardiamo
indietro con occhi pieni di lacrime.
Abbiamo imparato che non esistono esperienze inutili.
Vi invito a leggere la splendida recensione di Zadie Smith come ultima voce.
Vi aiuterà a trovare altre strade interpretative.
Buona lettura!
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